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CONDANNATO IL RLS RITENUTO CORRESPONSABILE DI UN INFORTUNIO MORTALE

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La Cassazione Penale, con la sentenza n. 38914 del 25 settembre 2023, ha confermato la sentenza della Corte di Appello di Bari: anche il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) è stato ritenuto responsabile di omicidio colposo per l’infortunio mortale di un lavoratore dipendente. Il lavoratore infortunato, assunto come impiegato tecnico, svolgeva anche funzioni di magazziniere, senza essere stato adeguatamente formato e addestrato, in particolare per l’uso del carrello elevatore. Ed è proprio mentre stava svolgendo operazioni legate all’attività di magazziniere che veniva investito da un carico di tubolari di acciaio rimanendone vittima.

Si tratta del primo caso di condanna di un RLS che va ad evidenziare il ruolo di questa figura come soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro, fungendo da raccordo tra datore di lavoro e lavoratori.

Nella sentenza della Cassazione Penale si fa più volte riferimento all’art. 50 del D.Lgs. 81/08 “Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza” e i giudici, nell’esaminare la posizione del RLS, osservano che lo stesso “non ha in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge, consentendo che il [lavoratore] fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori”. Con la sua condotta il RLS pertanto, come ha confermato la Cassazione Penale, ha contribuito causalmente all’accadimento dell’evento sostenendo la cooperazione colposa.

Dalla lettura della sentenza della Corte di Appello di Bari emerge che il RLS viene condannato di cooperazione colposa nella condotta omissiva attuata dal legale rappresentante della ditta non solo per il suo ruolo di RLS ma anche in quanto membro del Consiglio di Amministrazione della stessa società, situazione non menzionata nella sentenza della corte di Cassazione.

ALCUNE CONSIDERAZIONI SU QUESTE SENTENZE

Per comprendere in modo approfondito e più completo le decisioni dei giudici, alleghiamo sia la sentenza della Corte d’appello di Bari 1076/2022 e sia la sentenza della Corte di Cassazione 38914/2023.

Sui contenuti di queste due sentenze si è molto discusso tra i tecnici e giuristi che si occupano di prevenzione degli infortuni e di salute e sicurezza del lavoro. In questa sede vogliamo evidenziare alcuni rischi conseguenti a questa sentenza e in particolare al suo riverbero “mediatico”, al di là delle peculiarità del caso, ossia alla coincidenza del RLS con un membro del consiglio di amministrazione.

Primo rischio, ossia la fuga degli RLS: se i lavoratori (e non solo loro) erano finora convinti che il RLS fosse una figura “protetta” dal legislatore e dai giudici e che quindi poteva svolgere la sua funzione, non solo con serenità, ma anche con la consapevolezza di avere un solo ma fondamentale potere, conseguente alla sua intoccabilità, oggi non sarà più così. Il RLS sarà nudo, completamente, e di conseguenza sarà molto più difficile trovare lavoratori disponibili ad assumere un ruolo importantissimo e delicato nel sistema della prevenzione dei rischi aziendale.

Secondo rischio, ossia la confusione nella definizione della funzione del RLS: inutile nascondere che la decisione dei giudici appare spiazzante, laddove viene confuso il termine “rappresentante dei lavoratori per la sicurezza” con “responsabile dei lavoratori per la sicurezza” e il termine “attribuzioni” con “compiti”. In molti hanno visto nel primo scambio di termini un refuso, ma non possiamo notare che considerare il RLS come una figura “responsabile” trova una coerenza se ad esso sono attribuiti “compiti”, piuttosto che “diritti”, come da sempre venivano illustrate quelle che la norma elenca come “attribuzioni”. In sostanza, pare vi sia una coerente ri-definizione dei termini legislativi da parte dei giudici che convergono proprio nell’attribuire al RLS compiti e, quindi, responsabilità per mancato adempimento dei primi.

E tutto questo porta a concludere che, o si abbraccia la lettura data finora che non attribuiva alcuna responsabilità di carattere penale al RLS, o si sceglie l’interpretazione che ipotizza che il RLS possa essere ritenuto responsabile qualora non abbia agito in tutti i modi possibili, nei limiti del suo ruolo e con l’unico strumento in suo possesso (che è la segnalazione), per impedire l’evento infortunistico. E cosa dovrebbe fare qualora le sue lagnanze rimanessero inascoltate? Dimettersi dall’incarico, facendo venire meno nell’organizzazione quel soggetto che rappresentando tutti i lavoratori può con maggior forza ed efficacia far pesare le loro lamentele?

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